Alimentazione in ottica di genere: perché uomini e donne non mangiano (e non dovrebbero mangiare) allo stesso modo
Articolo di Gianna Ciampi e Annalisa Grillo, Az USL Toscana Centro

Quando si parla di alimentazione, si tende spesso a proporre indicazioni “valide per tutti”. Tuttavia, le differenze biologiche, ormonali e anche socio-culturali tra uomini e donne influenzano bisogni nutrizionali, comportamenti alimentari e rischi per la salute.

Per questo oggi si parla sempre più di alimentazione in ottica di genere: un approccio che tiene conto delle specificità e delle differenze individuali, con l’obiettivo di promuovere una nutrizione più personalizzata, efficace e inclusiva.

Genere: di cosa parliamo davvero?

Il concetto di genere non si limita al dato biologico (cioè al sesso assegnato alla nascita), ma include anche la dimensione sociale e culturale dell’identità e del ruolo che le persone vivono nella società.
Questo influisce sulla salute e sull’accesso alle cure, ma anche sui comportamenti e sulle scelte legate al cibo.

Differenze biologiche e fabbisogni nutrizionali

Donne e uomini hanno composizioni corporee differenti: le donne, ad esempio, tendono ad avere una percentuale maggiore di massa grassa e un fabbisogno calorico generalmente più basso. Inoltre, nelle diverse fasi della vita (pubertà, gravidanza, menopausa), le donne attraversano cambiamenti ormonali che influenzano il metabolismo e la necessità di nutrienti specifici, come ferro, calcio e acido folico.
Gli uomini, in genere, necessitano di più energia e proteine per via della maggiore massa muscolare, ma presentano anche livelli più elevati di colesterolo LDL e una maggiore incidenza di malattie cardiovascolari, che rendono importante il controllo dell’apporto di grassi saturi e sale.

Comportamenti alimentari e differenze culturali

Le scelte alimentari sono influenzate anche da fattori sociali e culturali. Le donne, ad esempio, mostrano in media una maggiore attenzione alla qualità della dieta e al consumo di frutta e verdura, mentre gli uomini sono più propensi a consumare carne rossa, bevande zuccherate e alcolici. Ma anche le condizioni di stress, la distribuzione dei carichi familiari, il tempo dedicato ai pasti e l’accesso al cibo sano variano in base al genere e incidono sulla qualità dell’alimentazione.

Queste differenze non dipendono solo da preferenze individuali, ma sono il risultato di modelli culturali e stereotipi che è importante riconoscere e superare per promuovere abitudini alimentari più salutari e consapevoli per tutti.

Stereotipi a tavola: quanto pesano?

Gli stereotipi di genere influenzano profondamente i comportamenti alimentari. Spesso, senza rendercene conto, associamo certi cibi a caratteristiche “maschili” o “femminili”: carne e piatti ricchi per gli uomini, insalate e alimenti light per le donne.
Questi modelli culturali, veicolati dai media, dalla pubblicità e dalle abitudini sociali, non rispecchiano i reali bisogni nutrizionali delle persone, ma possono condizionare scelte poco salutari o creare pressioni psicologiche inutili.
Contrastare gli stereotipi alimentari significa educare alla libertà e alla consapevolezza a tavola, restituendo valore a ogni scelta basata su salute e benessere, non su ruoli imposti.

Un’alimentazione su misura anche fuori casa

Adottare un’ottica di genere è particolarmente utile anche nel contesto della ristorazione.
Offrire scelte diversificate e bilanciate, porzioni flessibili e piatti che tengano conto dei diversi bisogni nutrizionali e delle preferenze individuali, significa costruire un’offerta gastronomica più inclusiva, attenta e salutare.

Per esempio, proporre alternative con ridotto apporto calorico, oppure piatti vegetariani bilanciati e gustosi, significa rispondere concretamente ai bisogni di una clientela sempre più variegata, informata e consapevole.

In conclusione

Parlare di alimentazione in ottica di genere non significa creare divisioni o stereotipi, ma riconoscere e valorizzare le differenze, rendendole uno strumento per migliorare la salute pubblica.
Mangiare bene, anche fuori casa, è un diritto di tutte e tutti. Tener conto delle diversità è il primo passo per renderlo davvero accessibile.